Il Principe di Niccolò Machiavelli

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Il Principe di Niccolò Machiavelli

 

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Il principe, scritto da Niccolò Machiavelli nel 1513, è un trattato di argomento politico molto diffuso nell’antichità, che aveva come oggetto il sovrano ideale. Di solito, questi tipi di trattati esprimevano le virtù che un sovrano doveva possedere per governare.

Con quest’opera, Machiavelli voleva dimostrare ai signori di Firenze la sua competenza in ambito politico, acquisita attraverso lo studio attento e prolungato sia delle vicende antiche che di quelle contemporanee. Ma la sua riflessione politica si fonda altresì nell’analisi della concreta realtà dei fatti. Il politico accorto deve infatti basare la sua azione sulla “verità effettuale”, cioè sull’osservazione e sullo studio della realtà concreta, e non su una visione di tipo religioso o morale del proprio ruolo. Ed è proprio per questo che Machiavelli viene definito come il fondatore della scienza politica moderna.

Il principe è composto da ventisei capitoli, strutturati in quattro sezioni, che si occupano di un unico argomento e intimamente connessi tra loro. I paragrafi sono caratterizzati da un titolo in latino, che indica la trattazione che a cui è dedicato.

Nei capitoli I a XI viene presentata una distinzione tra due tipi di principato: quelli ereditari e nuovi. I principati nuovi possono essere conquistati con la propria forza o con l’aiuto degli altri, grazie alla fortuna e alla virtù. Infatti, è proprio grazie alla virtù che un governante mantiene stabile il suo potere.

Nei capitoli da XII a XIV Machiavelli mette in gioco l’esercito, concentrandosi sulle milizie proprie e su quelle mercenarie. Egli afferma che non si può fare affidamento sulle milizie mercenarie perché si vendono al miglior offerente e non sono fedeli al governo. Avere una milizia propria significa garantire la sua fedeltà al governo.

Dal capitolo XV al XXIII si evidenziano le qualità necessarie per governare. Machiavelli afferma che un principe non deve essere per forza buono e giusto, egli può anche essere crudele e sleale, l’importante è che i suoi atti sono volti a garantire il bene del proprio popolo.

Nel capitolo XXIV si parla della incapacità dei principi di comprendere le conseguenze delle invasioni straniere.

Nel capitolo XXV si descrive il rapporto virtù-fortuna. La virtù per Machiavelli è la somma delle intelligenze umane e non basta per garantire il successo di un principe. Invece la fortuna non è altro che “l’imprevedibile” e, anche se molti eventi sono dovuti grazie a essa, sta al principe sfruttare la propria virtù per garantire benessere al popolo ed evitare la cattiva sorte.

Nell’ultimo capitolo, ovvero il XXVI, Machiavelli invita Lorenzo II De’ Medici a prendere le armi e liberare l’Italia dagli stranieri invasori. Questo fa capire che Machiavelli voleva un’Italia unita e libera dalle sofferenze causate dai conflitti interni.

La lingua

La lingua utilizzata è un equilibrio tra volgare e latino, ma la base linguistica è legata al fiorentino parlato, ovvero quello “popolare”.

Lo stile

Lo stile è lineare e razionale, senza l’aggiunta di ornamenti. Una cosa particolare di Machiavelli è l’uso costante del metodo dilemmatico o disgiuntivo, cioè l’uso di periodi in antitesi tra loro. L’autore procede classificando gli argomenti. Il lessico è costituito da una terminologia comune, da metafore e anche immagini del mondo animale (“golpe” e “Lione”).

 

BIBLIOGRAFIA:

http://www.skuola.net/appunti-italiano/machiavelli/machiavelli-principe/machiavelli-niccolo-vita-pensiero-principe.html

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Il_Principe#Composizione

 

http://www.oilproject.org/lezione/machiavelli-il-principe-utilitarismo-1951.html

 

http://www.studenti.it/video-lezioni/italiano/il-principe-niccolo-machiavelli.html

 

http://www.larecherche.it/testo.asp?Id=396&Tabella=Saggio

 

Magri M., Vittorini V., Dal testo al mondo, vol. 1, Paravia.

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